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Isole che Parlano

di fotografia

Ivo Saglietti, Kukes al confine con il Kosovo, Albania, 1999. Kosovari in fuga dai serbi e dalla guerra.  © Archivio Saglietti

5 settembre/6 11 ottobre 2024

mostra fotografica

Sguardo di frontiera Ivo Saglietti

La XXVIII edizione del Festival Internazionale Isole che Parlano diretto da Paolo Angeli e Nanni Angeli celebrerà il grande fotoreporter recentemente scomparso Ivo Saglietti, con la mostra Sguardo di frontiera, ospitata dal 5 settembre al 6 ottobre 2024 a Palau presso le Sale Polivalenti del Cineteatro Montiggia.

L’esposizione, a cura di Federico Montaldo e Nanni Angeli e realizzata in collaborazione con Archivio Saglietti, rappresenta un omaggio alla carriera straordinaria di Saglietti, tre volte vincitore del World Press Photo e riconosciuto per la sua capacità unica di narrare l’uomo e il suo destino, con un percorso di sessantuno immagini – suddivise in nove focus tematici, uno dei quali dedicato a foto inedite sulla Sardegna – che proporranno un viaggio nello spazio e nel tempo sulle orme del lavoro di Saglietti. Ogni immagine è testimonianza del suo percorso professionale e umano, dagli inizi come cineoperatore a Torino, ai lavori come inviato nelle zone di guerra per grandi testate internazionali, fino ai progetti a lungo termine che hanno caratterizzato la sua carriera.

Ho aperto gli occhi nella luce del Mediterraneo, a Toulon, nel sud della Francia, dove, se lo guardi a lungo, il sole diventa un cerchio nero. Credo che il primo sguardo determini anche un destino: quasi sicuramente è grazie a questa luce che sono diventato fotografo”.


Con queste parole, quasi un’epigrafe, comincia il libro autobiografico Ivo Saglietti Lo sguardo inquieto. Un fotografo in cammino (Postcart).

giovedi 5 settembre 2024

Palau Cineteatro Montiggia Sale Polivalenti - ore 21,30

inaugurazione mostra fotografica

Sguardo di frontiera
di Ivo Saglietti (Italia) 

ivo-saglietti

Palau - Polo Culturale Montiggia - ore 22,30

Riflessioni sull’etica di un mestiere
Il Curatore racconta il fotografo

incontro/lezione con Federico Montaldo
presidente dell’Archivio Saglietti

La mostra resterà aperta
fino al 6 ottobre 2024
ingresso via Nazionale, 113  dal martedì alla domenica ore 10,00/12,00 e ore 17,00/20,00

APERTURA STRAORDINARIA dal 8 al 11 ottobre

dalle ore 17,00 alle ore 20,00

ingresso gratuito

dal 16 settembre al 11 ottobre
Il suono dell’immagine
Visite guidate per le scuole
info e prenotazioni: +39 379 165 7637

L’uomo, il destino, il cammino.
È intorno a questi tre temi che si snoda l’intera vicenda umana e professionale di Saglietti.

Dai primi passi a Torino come cineoperatore, alle tante guerre e guerriglie centro e sudamericane, mediorientali e balcaniche, coperte in assignement per le più importanti testate internazionali. Poi la scelta di abbandonare quel percorso per soddisfare quella insopprimibile urgenza di esprimersi attraverso progetti a lungo termine, che lo porteranno a ripercorrere la via degli schiavi, a raccontare il dramma dei migranti, le tormentate frontiere della ex Yugoslavia, il destino del popolo palestinese e molti altri luoghi tormentati della terra.

Sorretto da un’etica del proprio lavoro di fotografo che è oggi merce rara – travolti come siamo da immagini inutilmente violente, pornografiche, sbattute in faccia da ogni dove e con ogni mezzo – Saglietti non dimentica mai di fare trasparire quell’attimo di umanità, che come osservava Eugene Smith (non a caso tra i suoi dichiarati Maestri), deve sempre accompagnare una buona fotografia.

Non smette mai di interrogarsi Saglietti. Lo fa col mezzo fotografico, così come uno scrittore usa la parola. Non per niente il senso più profondo del suo lavoro lo si coglie non già dalla singola immagine (per quanto efficace possa essere), ma dal progetto nel suo complesso, editato secondo una logica narrativa in cui una fotografia segue la precedente e anticipa quella successiva.

Progetti che durano anni ed ai quali è difficile dare un termine; nella consapevolezza che l’esperienza umana è un cammino in continua trasformazione e che sarebbe velleitario pretendere di mettervi la parola fine.

Già, il cammino. Un cammino fisico anzitutto.

Per fare buona fotografia occorre avere buone scarpe, ha affermato Koudelka rispondendo al quesito sulle qualità necessarie per fare il fotografo. Ivo Saglietti ha sempre avuto buone scarpe: solide, forti, essenziali.

Ma anche un cammino meditativo, lento, silenzioso, metafora di uno sguardo da cui scaturisce una fotografia necessaria e asciutta come il bianco e nero che ne scandisce le immagini.

La mostra qui esposta ha l’intento di delineare la figura del fotografo Ivo Saglietti. Se non nel suo complesso (il che non sarebbe possibile data la mole del suo lavoro), almeno attraverso alcuni dei suoi più importanti progetti fotografici.

 

Le opere esposte abbracciano un periodo che va dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso fino al 2018.

 

Si parte dal Cile di Pinochet (da cui è stato tratto il suo primo libro, Il rumore delle sciabole), al reportage dei nuovi schiavi ad Haiti; dalla guerriglia di Sendero luminoso in Perù (che gli valse il suo primo World Press Photo award), all’Intifada della Palestina; dalle conseguenze tragiche delle guerre balcaniche (Kosovo e Srebrenica) al fenomeno globale delle migrazioni, di cui Saglietti fu tra i primi ad occuparsi.

 

Tra gli ultimi lavori il racconto dell’esperienza di Padre Paolo Dall’Oglio nel Monastero di Deir Mar Musa in Siria (progetto che potrebbe sembrare distante dai suoi precedenti, ma che in realtà vi è profondamente legato).

 

Infine, in omaggio alla terra di Sardegna, alcune immagini del sud dell’Isola, che Saglietti amava molto ed alla quale amava tornare ripetutamente per una sua ricerca personale sul paesaggio.

 

Federico Montaldo

 

 

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